Impressioni di un viaggiatore dell'Ottocento
 

 

Nasce la "Nizza austriaca"

Scriveva nel 1873 il barone Carl von Czoernig a proposito delle contee di Gorizia e Gradisca:

"Benché situate nel mezzo tra i grandi territori culturali della Germania e dell'Italia, sono rimaste fino a tempi recentissimi una vera e propria terra incognita per il forestiero. Le guide turistiche, di solito assai minuziose, dedicano a questo territorio, con le loro scarse notizie, poca attenzione, e il viaggiatore che con la ferrovia dell'Italia percorre in fretta una parte non trascurabile del paese senza fermarsi, nota tutt'al più con stupore il nudo suolo roccioso e frastagliato del Carso, ricorda magari dai tempi di scuola, mentre passa vicino al Timavo, le lodi che questo strano fiume ottenne dai poeti dell'antichità classica; sofferma lo sguardo sulla fertile pianura del basso Isonzo, sempre ubertosa da quasi duemila anni, dalla quale sorge l'alto campanile del Duomo di Aquileia, che rievoca la duplice fioritura di questa località così famosa nell'epoca romana e nei primordi del cristianesimo, come pure il suo crudele destino; e rimane sorpreso vedendo la paradisiaca posizione della città di Gorizia, circondata da amene colline e da lunghe catene di monti. Ma tutte queste impressioni si concentrano nel breve spazio di poche ore. Il treno procede inarrestabile e l'imponente scenario del Friuli italiano, limitato dal lontano baluardo delle Alpi Carniche, sopraffà rapidamente il ricordo del paesaggio già attraversato. Eppure quest'ultimo merita di essere minutamente osservato più di parecchi altri vasti territori che i turisti percorrono in tutte le direzioni. In Europa non esiste, verrebbe voglia di affermare, un paese di estensione ugualmente limitata che presenti in ogni senso una simile varietà di fenomeni come il territorio che sotto il nome politico di contee di Gorizia e Gradisca costituisce una parte piccola bensì, ma molto preziosa dell'impero austriaco. Per esprimere brevemente il suo carattere dominante dirò che è il paese dei contrasti: contrasti che collegati da passaggi più o meno armoniosi si presentano nella qualità del terreno, nel clima, nella coltivazione del suolo, come pure negli elementi etnografici, poiché qui avviene il contatto fra le tre principali razze europee, la romanica, la tedesca e la slava; e così nella densità della popolazione e nelle occupazioni della gente, nel libero dominio della natura e negli aspetti del paesaggio. Questi contrasti attraversano la storia del paese che risale fino ai tempi delle leggende e comincia nelle mitiche tenebre con l'immigrazione dei veneti dall'Asia lontana, con la romantica spedizione degli Argonauti e l'arrivo dei troiani fuggiaschi".

 

 

Gorizia. Così diventò la Nizza austriaca.

In giro per la provincia con Carl von Czoernig, il primo promotore del turismo goriziano. Un’ideale itinerario attuale ancora oggi "verso tutti i punti cardinali". Partendo dal Castello di Gorizia il viaggiatore individua l’anima della città tra palazzi eleganti, "ville deliziose", negozi "sontuosi" e giardini affascinanti fino a spingersi sui castelli del Carso, a Gradisca, Cormòns e Grado. "

 

"Si può trattenersi all’aperto tutti i giorni dell’anno".

Mosso dal desiderio di fare conoscere a tutti questo sconosciuto angolo dell'Impero, Carl von Czoernig, alto funzionario del governo venuto a Gorizia per curarsi, pubblica nel 1873 un'opera che ancor oggi resta una fonte molto importante per la storia della contea di Gorizia. È lui che inventa la fortunata definizione di "Nizza austriaca" per la città, motivandola con il primato che poteva vantare dal punto di vista climatico rispetto ad altre località di cura subalpine. "Nessun altro luogo della monarchia austriaca -scrive- eccetto la lontana Dalmazia meridionale, sia adatta talmente a un soggiorno climatico invernale come appunto Gorizia, dove la temperatura mite, la regolarità di tutti i fenomeni meteorologici e l'assenza di venti dannosi alla salute offrono tutte le necessarie premesse". Da una semplice intenzione di valorizzare i pregi climatici della città, l'autore passa poi a un progetto molto impegnativo che si concreta in un'opera storica di ampie dimensioni. Nonostante l'importanza degli argomenti, il testo di Czoernig è, però, di piacevole lettura (grazie anche alla perfetta interpretazione che ne ha dato un grande traduttore come Ervino Pocar) che merita di essere ripresa anche nella parte in cui descrive la bellezza della città e dei dintorni, in buona parte ancora immutati nonostante le distruzioni delle guerre.

 

 

Borgo Castello

L'ideale itinerario turistico di Czoernig (allora non si parlava di turisti, bensì di "viaggiatori") inizia ovviamente dal Castello medioevale, antica residenza dei conti, che in quell'epoca era un semplice edificio adibito a caserma, pur restando "il simbolo della città". L'autore ricorda i fasti di un tempo, le feste di corte che si facevano in omaggio ai regnanti austriaci in visita, ma di tutto questo non è rimasto nulla, purtroppo. Il tempo non ha potuto cancellare però la bellezza del panorama, che va "dall'alto delle Alpi Giulie e Carniche fino alla pianura friulana nella quale si distingue l'alto campanile del Duomo di Aquileia, mentre verso mezzogiorno si possono seguire i serpeggiamenti dell'Isonzo fino alla sua foce dove il mare scompare in nebbie e vapori."

Anche quella che Czoernig chiama "città vecchia", appoggiata alle pendici del colle del Castello non è molto diversa dal borgo attuale, benché impoverita dalle demolizioni di epoca fascista. "Le vie strette e tortuose, le case vecchie e modeste rievocano il primo medioevo" e dimostrano che la città in origine doveva essere assai angusta. Qualche aspetto più monumentale egli rileva nella piazza SchÖnhaus (ora S. Antonio) e in quella vicina del Duomo con il palazzo cinquecentesco della Dieta provinciale e l'ancor più antica casa di Simone Volker del 1441.

 

 

Il cuore commerciale della città

Via Rastello è il "centro del commercio" dove nei numerosi negozi si possono trovare "tutti i prodotti dell'interno e dell'estero, dai più comuni requisiti per il bisogno della campagna ai più raffinati e lussuosi". Gorizia è importante per tutto il contado tanto che, come rileva l'autore, "questa vivace attività commerciale vi provoca specie nelle ore della mattina una tale affluenza che pare di trovarsi nella congestione della grande città".

Ma dal secolo precedente Gorizia si è già notevolmente ampliata oltre le pendici del colle e la piazza principale è diventata quella del Traunik (ora della Vittoria) in cui sbocca via Rastello. Qui le case sono "moderne" e i negozi "sontuosi" tanto che la piazza attira molto di più di via Rastello "il passeggio del mondo elegante" che continua anche nella via dei Signori (ora Carducci), l'uscita a settentrione, fiancheggiata da case nobili e ottimi alberghi.

 

 

Dimore patrizie e antichi conventi

La "Nizza austriaca" di Czoernig è dunque ancora una città piccola che solo nei decenni successivi occuperà il terreno ancora libero che la separa dalla nuova linea ferroviaria costruita un paio di chilometri a sud del castello. Il processo comunque si è già avviato: la lunga strada che congiunge il Teatro alla nuova Stazione ferroviaria, il futuro Corso Italia, si sta già arricchendo, ai lati, delle prime eleganti residenze. A rendere piacevole la città concorrono però anche i palazzi dei nobili "non più ricchi come una volta", secondo l'autore, e le "ville deliziose di epoca moderna che circondano la città come una corona fiorita". Si distinguono il palazzo del conte Lantieri, che conteneva "i più belli, numerosi e ricchi appartamenti"; il palazzo dei conti Thurn ora di Enrico von Ritter (attuale Municipio) col suo elegante arredamento "rispondente a tutte le esigenze di eleganza"; il palazzo arcivescovile in via dei Signori; quello ampio e costruito nello stile del secolo scorso dei conti Attems. Ma tra le costruzioni notevoli non si dimentica di citare il Seminario Werdenberg (attuale Biblioteca Statale) e il Convento dei Francescani alla Castagnevizza, dove, con Carlo X riposano le spoglie degli ultimi Borboni di Francia.

 

 

I giardini dell’eterna primavera

Ma sono i giardini a giustificare il paragone con Nizza. È qui che ha effetto davvero il mite clima goriziano. "Il loro aspetto è particolarmente bello quando i primi raggi del sole primaverile (in marzo) fanno sbocciare un'immensa quantità di fiori che empiono l'aria di un profumo inebriante."

Spicca il Giardino Pubblico, "che in dieci anni ha visto svilupparsi una vegetazione di grande bellezza e pregio, ma anche quello del palazzo Strassoldo, che occupa fino l'altura del castello con gli alberi frondosi mentre la coltivazione di rose in primo piano fa pompa di fiori e gemme tutto l'anno".

Si distingue il "giardino dell'Arcivescovado che monta fino ai bastioni del Castello e comprende anche un orto e un vigneto", ma "il primo posto spetta a quello di Guglielmo von Ritter intorno alla sua villa nella colonia industriale di Strazig che è davvero unico "per l'abbondanza di alberi e piante rare, per le grandiose serre e dimostra al visitatore sorpreso quanto questa zona si presti alla coltivazione delle piante meridionali."

 

 

I dintorni

Una delle buone ragioni per venire a Gorizia, secondo Czoernig, è, però, l'amenità dei dintorni ("si può trattenersi all'aperto tutti i giorni dell'anno" e si possono trovare luoghi pittoreschi "verso tutti i punti cardinali") dove si può andare, secondo la distanza, a piedi, in carrozza o in treno. A piedi si può salire al Castello, andare al Santuario della Castagnevizza, sul Monte Calvario, ma anche il pellegrinaggio al Santuario di Monte Santo (il punto di vedetta "incontestabilmente il più bello e grandioso di tutto il Goriziano"), oltre un certo punto, non consente di continuare in carrozza e richiede un tratto di cammino in salita. In carrozza si va a San Floriano, oppure al castello di Vipulzano dei conti Attems (dove ci sono i due più grandi cipressi della contea), oppure al "ben conservato" castello di Cronberg dei conti Coronini, o ancora a Ranziano (castello Strassoldo), a Prebacina (castello Coronini), al castello di Reiffemberg completamente restaurato dal conte Lantieri (in "posizione veramente romantica sul pendio del Carso").

Si definiscono, queste, "mete e vedette per i pedoni" e, secondo la visione romantica, appunto, del paesaggio dell'Ottocento, sono sempre identificate con qualche altura e finalizzate ad ammirare bei panorami verso i monti o verso il mare.

 

 

Verso il mare

Ma oltre ai panorami Czoernig consiglia itinerari ugualmente interessanti fra le più antiche tracce della storia: una gita di mezza giornata a Gradisca ("nota nella storia come fortezza per cui ci furono lunghe lotte tra veneti e austriaci"); oppure un "viaggio" alla "famosa Aquileia" che richiede tre ore e, benché i "testimoni degli antichi splendori siano scomparsi" offre monumenti importanti del Cristianesimo e, salendo sul più alto campanile della zona, una "vista stupenda dal Collio fino a Trieste e all'Istria." Merita una visita anche Grado, "cittadina di pescatori situata sopra le isole lagunari che va diventando stazione balneare specialmente per bambini scrofolosi" che si raggiunge in barca, sostando, se si vuole, anche al Santuario dell'isola di Barbana.

In treno si può raggiungere rapidamente Cormòns (e salire sul monte Quarin per godere anche qui una "vista meravigliosa") oppure si può andare a Udine o a Trieste, combinando anche la visita al castello di Miramare "col fantastico parco in cui crescono le palme, le camelie e altre piante meridionali".

L’Omaggio all’imperatore rivela la strategia turistica dell’epoca barocca.

 

 

Un’antica vocazione al turismo

L'impegno degli amministratori pubblici nei confronti della promozione turistica nel Goriziano ha radici lontane nel tempo. La testimonianza più significativa risale già al 1728, in occasione della visita a Gorizia dell'imperatore Carlo VI per ricevere l'omaggio di fedeltà dai sudditi della Contea. Si trattava di un atto di grande importanza politica, che da una parte sanciva il riconoscimento dell'autorità sovrana, ma dall'altro ribadiva l'autonomia del governo provinciale. In età barocca, il valore di quest'atto si rifletteva nel fasto della cerimonia: sovrano e rappresentanti del potere locale vi rivaleggiavano nell'ostentazione di magnificenza.

Uno spettacolo grandioso, dunque, che per alcuni giorni vedeva la città capoluogo illuminata, arricchita da archi trionfali e ridondanti decorazioni poste sulle facciate dei palazzi, attraversata da fastosi cortei, teatro di spettacoli musicali e pirotecnici e sede di favolose "cuccagne", durante le quali venivano distribuiti al popolo vino e carne e le fontane gettavano vino.

Spettacolo raro, peraltro. L'unico precedente risaliva al 1660, quando per la medesima cerimonia era giunto a Gorizia Leopoldo I.

L'esperienza, registrata nelle cronache e nei documenti ufficiali, aveva insegnato che per l'occasione era stata altissima l'affluenza di pubblico, formato non solo da abitanti della Contea, ma anche, e in gran numero, da "forestieri circonvicini". Ad essi, per l'arrivo di Carlo VI, si rivolse l'attenzione degli Stati provinciali goriziani, l'organismo di governo locale. L'Assemblea deliberò pertanto di affidare l'incarico di stilare un'invitante descrizione della cerimonia ad Antonio Dall'Agata, versatile miniaturista ed incisore.

 

 

L’elegante volumetto di Dall’Agata

Prese così forma "Gorizia in giubilo per l'aspettato arrivo dell'augustissimo imperator Carlo VI", un elegante volumetto rivolto ai "Signori Foresti", che si proponeva di superare la contingenza della cerimonia per giungere alla "breve descrizion del Paese" ad uso del visitatore "curioso".

Vi aveva la precedenza Gorizia, città di "belle fabbriche, ed abitazioni, strade, e piazze ben regolate, e sempre con numeroso popolo, che le scorre". Ben presto però lo sguardo si estendeva ai santuari extra urbani, "perché questi fanno celebre questa illustre Città ne' lontani Paesi, da' quali spesso vien empita di popolo forestiero", con grande vantaggio per l'economia del capoluogo.

Da qui la descrizione raggiungeva l'intero territorio della Contea, percorrendone le signorie e i possessi giurisdizionali presentati come luoghi di delizia, in cui l'antica liberalità nobiliare si accompagnava, nei confronti degli ospiti, ai raffinati costumi del "viver civile".

 

 

Castelli e palazzi

Nell'alta valle dell'Isonzo, a Canale, l'antico palazzo dei conti Rabatta, rinnovato, ampliato ed ingentilito da un giardino che poteva "pareggiare molti nelle vicinanze di Roma", sembrava adattato "a fine d'accoglier con trattamenti di generosità quei Cavallieri, che sovente lo visitano". Anche a Vipacco, il palazzo con giardino dei conti Lantieri era "sempre generosamente aperto a tutti gli Ospiti Cavallieri". A Rifembergo, dove i Lantieri possedevano addirittura tre castelli, quello superiore "ampliato con molte fabbriche, e belle passeggiate", era arredato "al pari delli più ben forniti della Città, con una galleria di pitture di gran prezzo sì antiche, come moderne" e una preziosa libreria "così numerosa di Libri d'ogni materia, che poche se ne trovano pari in tutto 'l Friuli".

Molte altre dimore signorili meritavano menzione: fra queste, quella dei conti Attems a Santa Croce, quella "sontuosissima" a Sagrado dei conti Della Torre e, della stessa famiglia, a Vipulzano il "famoso Palazzo d'Architettura del valoroso Paladio", ma anche il "picciol palazzetto deliziosissimo per la più meravigliosa veduta, che si trovi in Paese", fabbricato dal conte Strassoldo a San Floriano.

 

 

Vini e delizie gastronomiche

Le attrattive enogastronomiche della Contea erano ben presenti all'autore, che si premurava di avvertire che "le cose comestibili sono a buon prezzo, e sì la Città, come il Paese è sempre provisto". Decantava pertanto i capretti e l'olio "molto delicato" del Carso, i castrati del Collio, i vitelli e i latticini di Tolmino, il pesce fresco disponibile per la vicinanza al mare, persino il pollame reperibile quotidianamente sul mercato goriziano, la frutta e gli ortaggi, in particolare asparagi, del Collio e i "buoni capuzzi, che l'Ottobre li mettono in garbo, e servono tutto l'anno". L'elogio raggiungeva i vertici nei confronti dei vini, talmente squisiti che "in pochi Paesi se ne trovano di meglio". Le numerose varietà potevano soddisfare tutti i gusti: dall'Oberfelder "che con la delicatezza del suo sapore è la delizia delle tavole" e il "celebre Rosimploz, che porta la corona fra i liquori" nella valle del Vipacco al "vino del Sole" di Ranziano, dalle ribolle dei colli attorno a Gorizia ai cividini di San Floriano, dal pignolino ai refoschi di Medea, "tanto celebri quanto preziosi".

A conclusione della sua descrizione della Contea di Gorizia, un territorio cui nulla mancava "che convenga al vivere umano", l'autore giungeva a rendere esplicita la strategia degli amministratori locali suoi committenti: "introdur denaro con l'esito dell'entrate". Chiarissima visione del turismo come traino dell'economia locale.

 

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