Memorie della Grande Guerra
Maria Masau Dan

 

 

 

ITINERARIO ATTRAVERSO I CAMPI DI BATTAGLIA DEL CARSO.

A quasi ottant’anni dall’entrata dell’Italia nella primo conflitto mondiale, il Carso isontino, attraversato da uno dei più tormentati fronti di quella guerra, porta ancora i segni degli aspri combattimenti che vi si svolsero per oltre due anni, dal giugno del 1915 all’ottobre 1917, e costarono la vita a circa un milione di uomini dei due eserciti contrapposti.

Sparsi sull’altipiano si possono vedere ancora trincee, caverne, monumenti e cippi, che ricordano le immani sofferenze patite in questi luoghi da soldati di diverse nazionalità, e ammoniscono gli uomini di oggi a perseguire con ogni mezzo la pace fra i popoli.

I punti più significativi della visita ai campi di battaglia del Carso si trovano lungo il percorso che, attraversando l’altipiano, congiunge il Sacrario Militare di Redipuglia alla città di Gorizia.

 

 

SACRARIO MILITARE DI REDIPUGLIA

"Cimitero degli invitti della III Armata"

È il più importante e più grande cimitero militare d’Italia, visitato ogni anno da centinaia di migliaia di persone. Costruito nel 1938 per sostituire il precedente Cimitero degli Eroi, che era situato sul vicino colle S. Elia, ospita i resti di 100.000 soldati della III Armata caduti sul Carso, di cui 40.000 identificati e 60.000 ignoti.

La forma del monumento è quella di una gigantesca scalinata in pietra che sale dalla base alla sommità della collina carsica, concludendosi simbolicamente con tre croci. Sui gradoni sono incisi i nomi dei caduti identificati. Alla base si trovano la tomba del Duca d’Aosta, comandante della III Armata, e quelle dei suoi generali.

Nell’area adiacente al vecchio cimitero, oggi divenuto Parco della Rimembranza, è aperto un museo della guerra che ospita un’interessante raccolta di armi, cimeli, fotografie e documenti vari.

A poca distanza, in direzione della località di Fogliano, si può visitare il Cimitero di guerra austro-ungarico che accoglie le salme di 14.000 caduti di cui 2.400 identificati.

 

 

DA REDIPUGLIA A DOBERDÒ DEL LAGO

Per avere una visione abbastanza ampia dei caratteri morfologici e dell’estensione della zona delle battaglie è consigliabile iniziare la salita del Carso dalla località di Selz, nelle vicinanze di Ronchi dei Legionari, da dove si raggiunge rapidamente Doberdò del Lago. In questa zona, dal giugno all’ottobre del 1915, si svolsero scontri cruenti che causarono la quasi completa distruzione dell’abitato. Doberdò si trova sulle pendici del Monte Sei Busi, una zona brulla e priva di ripari che fu teatro di massicci attacchi italiani alle posizioni austriache e che fu definita "l’inferno carsico" per il grande numero di morti che rimasero sul terreno.

 

 

LA TRINCEA DELLE FRASCHE

Da Doberdò si segue la direzione di Sagrado e dopo qualche chilometro si possono vedere i resti abbastanza ben conservati di alcune trincee austriache che dopo il 1916 furono rinforzate e ampliate dagli italiani. Nelle vicinanze si erge il grande monumento a Filippo Corridoni, sindacalista e interventista, caduto in questo punto nell’ottobre del 1915. Proseguendo verso San Martino del Carso si incontra la "Trincea delle Frasche", anch’essa costruita dagli austriaci e, dopo l’arretramento del fronte, utilizzata dagli italiani. Poco più in là un altro monumento ricorda i caduti della Brigata Sassari, che morirono in gran numero nelle battaglie del ’15.

 

 

SAN MARTINO DEL CARSO

Conosciuto da tutti grazie a una famosa poesia di Giuseppe Ungaretti, questo paese fu al centro di scontri durissimi fra gli austriaci attestati sulla cima del Monte S. Michele e gli italiani che attaccavano dalle pendici del monte e dal Bosco Cappuccio. Come ricorda il poeta-soldato, dopo i combattimenti, delle sue case "non rimase che qualche brandello di muro".

Qui vennero impiegati per la prima volta dagli austriaci i gas asfissianti che, il 28 giugno 1916, provocarono la morte di 6.000 soldati italiani e di 3.000 austro-ungarici.

 

 

MONTE S. MICHELE

Alto meno di 300 m, il Monte S. Michele è la cima più alta del Carso isontino e domina, da una parte, la piana dell’Isonzo e la conca di Gorizia, dall’altra tutto l’altipiano fino al mare.

Affidato a reparti ungheresi (honved), fu uno dei punti di forza dell’esercito austro-ungarico nella difesa della città e della zona circostante. Nelle ampie caverne che si aprivano poco sotto la cima offriva riparo alle artiglierie e agli uomini, costretti ad una vita durissima in condizioni ambientali e igieniche disumane.

Dopo la presa di Gorizia (agosto 1916) fu conquistato dagli italiani che aprirono delle "cannoniere" verso est per poter controllare le linee austriache arretrate di qualche chilometro in quella direzione.

Nell’area monumentale del S. Michele si trovano diversi cippi e pezzi d’artiglieria e si può visitare un piccolo museo, con interessanti cimeli e documenti, dedicato alle battaglie dell’Isonzo.

Il piazzale di sosta si affaccia su una balconata dalla quale si vede un ampio panorama sulla pianura dell’Isonzo.

L’itinerario continua attraversando le località carsiche di Devetacchi e Gabria e, imboccata la "strada del Vallone" (Statale Gorizia-Trieste), che costeggia per molti tratti il confine di Stato, si conclude a Gorizia. Poco prima di entrare in città si passa accanto al piccolo aeroporto di Gorizia, dedicato al Duca d’Aosta, che è ricordato da una grande statua eseguita su disegno di Paolo Caccia Dominioni.

 

 

GORIZIA

Allo scoppio della guerra, nell’estate 1914, Gorizia era una città sottoposta all’Impero austro-ungarico. Molti cittadini furono immediatamente reclutati e mandati sui fronti della Serbia e della Galizia. Altri, di sentimenti irredentisti, si sottrassero alla leva austriaca e varcarono il confine per arruolarsi volontari nell’esercito italiano.

Quando, dopo il 24 maggio 1915, Gorizia si trovò al centro del fronte di guerra, buona parte della popolazione fu costretta a fuggire e a riparare nei campi profughi austriaci.

Nell’agosto 1916 la città fu occupata dall’esercito italiano, ma dopo lo sfondamento di Caporetto, il 27 ottobre 1917, tornò nelle mani degli austriaci, che la lasciarono solo nel novembre 1918, alla fine della guerra.

Gorizia subì gravissimi danni a causa degli incessanti bombardamenti di cui fu bersaglio da entrambe le parti. Un grande numero di case fu raso al suolo e tra queste vi erano anche edifici storici di una certa importanza. Gravi perdite dovette patire anche il patrimonio artistico cittadino, che ne fu molto impoverito.

La ricostruzione richiese tempi assai lunghi e poté dirsi completata solo dopo la metà degli anni Trenta.

Le vicende di Gorizia in guerra sono documentate nel "Museo provinciale della Grande Guerra" situato nel Borgo Castello, ristrutturato nel 1990 sulla base di un preesistente museo, fondato già nel 1924.

Il "Museo della Grande Guerra" raccoglie in undici sale un’ampia serie di cimeli e documenti che riguardano principalmente i fatti accaduti sul fronte dell’Isonzo. E’ trattato con particolare ampiezza, per mezzo di plastici e ricostruzioni, il tema della vita di trincea che costituì l’esperienza caratterizzante di questa guerra.

La visita alle memorie della guerra si completa, però, con una tappa al Sacrario di Oslavia, costruito negli anni Trenta alle pendici del Collio, che ospita a sua volta i resti di tanti soldati caduti nelle battaglie combattute su queste colline.

 

NOTA

L’itinerario è segnalato da apposita cartellonistica e descritto in pieghevoli e pubblicazioni disponibili sia al punto di partenza che all’arrivo. Il progetto è della Cooperativa Eikon di Gorizia, la gestione delle visite guidate è coordinata dall’Azienda Regionale Turistica, ufficio di Gradisca d’Isonzo

 

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